Valdino Tomasin nasce nel 1936 e trascorre la sua infanzia tra Selz, Soleschiano e Belvedere di Aquileia, a seconda di come le vicissitudini della guerra conducono i suoi genitori a rifugiarsi. Ha paura, il bambino, di quegli " uomini neri ", arroganti, violenti che entrano nella scuola e costringono ad una divisa ed ad un saluto con la mano tesa. Sono cattivi e con loro quelli con la svastica che nel 1944 a Selz mettono al muro i civili. Tomasin disegna quello che vede e che sente. Poi arrivano gli altri. Lo stesso bambino, adesso, viene inviato, durante l'occupazione titina in colonia a Kranj ed il nero diventa rosso e la mano tesa un pugno chiuso. Quel bambino disegna ancora, perché la storia si ripete anche nel suo opposto. I fogli, con quei segni tremendi proprio perché testimonianza dell'ingenuità, conservati per anni diventano opere pittoriche. Valdino Tomasin si è spento il 25 novembre 2014.
Quando ci si trova di fronte ad un artista complesso come Valdino Tomasin, è opportuno procedere alla sua comprensione per strati, liberando i vari piani che si sovrappongono a determinare l'opera completa. Non mi sento, tuttavia, di suggerire un percorso preciso che proceda, ad esempio, secondo una scansione cronologica e che, dunque, consideri le ultime creazioni come semplice sommatoria di un lungo itinerario artistico. Mi permetterei piuttosto di disassemblare i pezzi della costruzione, per lasciare all'osservatore il compito di rimontarli. Così inizierei dal livello emotivo, che mi appare vibrante ed intenso, quasi aggressivo nel palesarsi agli altri con sofferta sincerità. Tomasin sembra un cantore della umana caducità, dove il male e la violenza sono il lascito di una natura ferina che il progresso non cancella, semmai traveste sotto altre spoglie. Nello svelare questa realtà che si compie quotidianamente tanto come avvenimenti fattuali che atteggiamenti mentali, egli si serve di esseri zoomorfi, di entità vagamente antropomorfe che agiscono, si muovono, si affollano su superfici che rimangono, comunque piatte e non volumetriche. E' un pantheon del dolore, schiacciato nelle sue responsabilità e nei suoi patimenti dal torchio dell'esistenza. Ed ecco allora aprirsi un piano più profondo nella lettura di Tomasin: quello inconscio. E' un mondo fantastico, fortemente simbolico, ed il simbolo, in psicanalisi, appartiene alla categoria dei segni. L'artista trova il modo di esteriorizzare, pertanto, una percezione interiore che, per la sua profondità è inconoscibile ed indefinibile, ma avvertibile nella sua tremenda forza. Essa non può materializzarsi, quindi, secondo una forma armonica, ma solo per via simbolica. In questo passaggio, Tomasin ripercorre semplicemente le linee espressive dell'umanità primordiale, di quell'arte selvaggia dove ogni segno si carica di magia e di significati condivisi dai partecipanti a quella cultura. Nella nostra società globale, il linguaggio spontaneo di Tomasin diviene universale estrinsecazione di archetipi collettivi trasversali alla nostra civiltà. Non serve dunque richiamare, sfogliando l'artista, assonanze con altri esponenti dell'arte contemporanea, Picasso o Chagall, per citare quelli che sembrano a lui più prossimi. Bisogna invece andare più indietro, semmai, alla spontaneità primitiva o all'influenza dell'arte celtica, ben nota a Tomasin. Se dunque si sono in parte venuti a disvelare alcuni contenuti dell'opera di questo artista, comprese le sculture che altro non sono che rivelazioni totemiche, rimane da scoprire la significatività del colore che è la componente di grande relazionalità di Tomasin, fin dai tempi lontani dell'astrattismo. Una tavolozza cromatica funzionale alle forme ed alla comunicazione in atto, arricchitasi e maturata nell'esperienza sudamericana che prosegue e nella quale cultura, non a caso, Tomasin trova grandi consensi e immediata rispondenza. Ripartendo dal colore che, anche nei suoi eccessi, rende accettabili gli incubi del buio, credo si possa, così, iniziare a ricomporre la lettura complessiva di questo artista così intenso e sincero.
Fabio Favretto
“La mia arte ha successo perché ho saputo osservare i migliori artisti di tutti i tempi che si avvicinavano al mio modo di fare arte. Sono ateo: ma nel silenzio della notte prego Dio creatore dell’universo che sta dentro me! Lo imploro direttamente senza mediatori anche se questi si trovano dentro un tempio..”
Valdino Tomasin
Mostre personali e collettive
Ha esposto 280 volte, e le più importanti sono state:
1972
Palazzo delle Esposizioni Roma
1973 e 1974
Apparso sul Catalogo Nazionale Bolaffi d’arte moderna
1981
Selezionato ad esporre alla Triennale di Tarcento con i migliori artisti del Nord-est d’Italia
1992
Galleria Galpon (Venezuela) in occasione del 500° anniversario della scoperta dell’America
2011
Centro Arti Plastiche di Udine, a Villa Manin , Passariano (Ud)
2012-2013
“Espressionismo Astratto”, Osteria “Alla Rocca” Piazza Repubblica, Monfalcone (GO)
2013
“Fiabe in stampatello”-così Valdino Tomasin si racconta- Giovedì del libro- Monfalcone (Go)
2014
“Opere pittoriche e burle”, Osteria “Alla Rocca” di Piazza Repubblica a Monfalcone (GO)